Vita di Padre Raimo, Teatro San Carlo di Napoli, 2001

Teatro San Carlo di Napoli
Autunno Musicale Napoletano

Duomo di Napoli
26 ottobre 2001 - ore 21:00

Azione sacra con i "Mottetti per le Quarant'ore" di Erasmo di Bartolo (Padre Raimo)
Drammaturgia di Dinko Fabris

Mariano Rigillo, attore

Ensemble Vocale di Napoli, Mysterium Vocis
La nuova Polifonia, Coro della Pietrasanta

Ensemble Seicentonovecento
Flavio Colusso, direttore

Regia e coreografia di Aurelio Gatti

Allestimento di Nicola Rubertelli
Costumi di Giusi Giustino
Allegati Foto Press
Raimo alias Camillo Franco:
un progetto di teatro della memoria
Dinko Fabris e Patrizio Marrone

[...] Il primo problema che ci siamo posti nello stilare il progetto qui portato a compimento, era il senso di una esecuzione di musiche secentesche per quattro cori di un autore assolutamente sconosciuto ai più, sganciandole dal contesto funzionale per le quali erano state create (Gino Stefani ha dimostrato dal 1974 l'assenza di statuto autonomo e intrinseco per la musica barocca). [...] La prima idea che ci è venuta era la ricostruzione fedele delle Quarantore, articolandole secondo le informazioni in nostro possesso in momenti diversi di cinque giornate e accompagnando le esecuzioni quotidiane con tutti gli ingrediaenti autentici: sermoni ed orazioni, apparati e luminarie con macchine, fiori e tronetti per i musici. Non sarà questa l'occasione [...].
I quattro cori moderni rappresentano (come avveniva nel Seicento) le diverse anime musicali della città e saranno sorretti secondo prassi ciascuno da un organista [e molti altri strumenti]. Il direttore dell'esecuzione, Flavio Colusso, è un veterano della musica antica e per ironia della sorte, in quanto specialista di Carissimi, rappresenta la scuola romana alla quale si ispirava l'invenzione di Raimo.
Vincenzo De Gregorio ha contribuito al necessario lavoro sulla prassi liturgica e alla ricerca sull'iconografia e sulle macchine delle Quarantore tuttora esistenti a Napoli. [...] L'incontro con Aurelio Gatti, immediate vibrazioni simpatiche e totale condivisione, ha portato a quella che riteniamo la migliore possibile. Con la musica, con le luci e con le parole, avremmo rappresentato comunque solo una diafana immagine del passato. Dovevamo rovesciare il cannocchiale aristotelico, con buona pace del Tesauro, e puntarlo verso il nostro tempo.
Era dunque necessario raccontarre una storia (sermone, orazione) che consentisse al pubblico di oggi di correlare i simboli dei linguaggi perduti e rinnovasse, se non l'autentica devozione barocca, l'incantamento da trance che doveva provocarla. Scopo delle musiche di Raimo non è quello di veicolare direttamente messaggi e neppure godibilità estetica, bensì di costruire una ruota in cui le successive e sovrapposte ondate sonore creino ipnosi collettiva. [...]