"Il pianto di Rodomonte", Teatro Verdi di Trieste 1983 - Colusso & Ensemble Seicentonovecento

Il pianto di Rodomonte
Opera in musica di Antonio Maria Abbatini (Roma, 1633)

1983 -1986 -2023
40° anniversario
del debutto di Flavio Colusso nella regìa e direzione d’opera
e della fondazione dell’Ensemble Seicentonovecento
Audio / Video Foto
40° ANNIVERSARY 1983-2023

Prima rappresentazione moderna
:
TRIESTE, Ridotto del Teatro Verdi, 1983 *
Flavio Colusso, Direttore al cembalo e Regìa
Jean-Louis Bindi, Ruolo titolo, Scene e Costumi

* Nella rappresentazione del maggio 1983, realizzata in collaborazione con il CUMT (Centro Universitario Musicale), il giovane sopranista romano Claudio Crisafi, primo interprete del personaggio di Cupido nell’opera abbatiniana, è stato uno dei primi uomini in assoluto a cantare in scena un ruolo di SOPRANO. [cfr. A. Christofellis-F. Colusso, Castrati renaissance. Un’epoca, in Mito, Storia e Sogno di Farinelli, LIM 2021]


Prima registrazione :
MR Classics, 1986 (1 MC/CD, MR10002)
WORLD PREMIÈRE RECORDING, 1986

ENSEMBLE SEICENTONOVECENTO
Flavio Colusso, direttore al cembalo
    
Cristina Miatello, soprano - Isabella
Anna Maria Ferrante, soprano - Cupido  
Roberto Abbondanza, baritono - Romito
Jean-Louis Bindi, basso - Rodomonte
Bruno Maccallini, voce recitante


Dedica agli Accademici Assorditi, nell’edizione a stampa del 1633
[Il Pianto di Rodomonte del Signor Antonio Maria Abbatini da Città di Castello, Maestro di Cappella dell’Illustrissima Città d’Oruieto. Dato alle stampe da Pietro Antonio Ubaldoni. In Orvieto. Per Rinaldo Ruuli. 1633.]  
«All’Illustrissimi Signori, e Padroni miei Colendissimi li Signori Accademici Assorditi. Mi rendo sicuro, che si come la prudenza cortese de le Signorie Vostre Illustrissime, con felice ostinatione, ha chiusi gli orecchi al canto incantatore di scelerate Sirene, che si sente mortalmente nell’anima: così ascoltarà con la solita gentilezza il canto innocente d’un Orfeo del nostro secolo, à cui porgerebbe orecchie non dico la piacevolezza de gl’Assorditi; ma il duro de sassi, e l’aspro de sterpi. Che se pure vorranno à questa composizione in musica dare il nome di Sirena, son contento, purché s’intenda non esser di Sirena in lei altro, che la soauità del canto: et il gettarsi nel mar vostro, non per desperatione, ma per speranza di rauisare in mezzo all’onde il porto. Et in vero Signori, a chi si doueua la Musica, se non a quelli, de quali era la Musa? Non sono forsi questi versi parto Illustrissimo d’vn Assordito, di cui la fama viene vdita da gl’istessi sordi? Permettete Signori, che con la maestà del vostro Nome plachi la modestia del Sig. Antonio Maria Abbatini, di cui è quest’Opera in Musica. Si potrebbe egli querelar di me, come che offenda la sua modestia invece di corrispondere a benefitij, dalla sua gentilezza, mentre qui nel Duomo d’ Oruieto, et in Roma in S. Gio Laterano l’hò seruito per cantore, et in mille altre occorrenze, conferitimi. Ma io lo consolarò con la certezza della protetione delle Signorie Vostre Illustrissime i quali siccome alle pazze voci delle Sirene han chiusi gl’orecchi, così chiuderanno le brutte bocche di quei Cerberi, che in un’inferno d’inuidia, non solo abbaiano all’ombre de gl’ignoranti, ma anco alla Luce di Mercurio. Facendo a tutti humilmente riuerenza».