Tu es Petrus

Antifona (1999)
Commissione di : Cappella Musicale di San Giacomo
Dedicato a : papa Giovanni Paolo II
Ed. Pontificia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere, Città del Vaticano 2003
voci bianche, 5 cori misti, gruppo di ottoni, perc. (5’)
Tu es Petrus
Flavio Colusso

«Tu sei pietra, e su questa pietra costruirò la mia Chiesa; e le porte degl’Inferi non prevarranno contro di essa».
La pietra (in aramaico Khepha) ha un importante ruolo nelle relazioni fra cielo e terra e, nella tradizione, occupa lo spazio di una scelta. Gesù oltre a chiamare, ci sceglie tutti e, come scrive Sant’Agostino, «…è nell’unità che la grazia perviene a tutti». La costruzione, pietra su pietra, della Chiesa evoca quella di un edificio spirituale.
Rappresentata dall’immagine di una vigna, di una barca, e paragonata spesso alla Vergine, la Chiesa è anche detta la sposa di Cristo e la madre dei cristiani. Come Israele è la Chiesa dell’Antico Testamento, la Chiesa è l’Israele del Nuovo Testamento.
Vediamo la similitudine fra la salvezza antica e quella moderna: Noè riceve il comando di costruire un’arca in cui salvarsi e da cui far rinascere tutte le specie dopo il diluvio (e accoglie poi con l’arcobaleno il “patto d’alleanza” con Dio); Gesù Cristo fonda la Sua Chiesa: «voi tutti siete uno in Gesù Cristo … vi è un corpo unico, e un unico Spirito».

Nella nostra composizione musicale abbiamo scelto solo la prima parte del testo: «Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam». Nel rintracciare i codici essenziali del linguaggio musicale utilizzato, troviamo la “parola chiave” aedificabo dalla quale il brano trae spunto per realizzare un’architettura verticalmente tripartita (alto, centro, basso) attraverso la quale indagare ed esprimere differenti problematiche culturali, stilistiche, filosofiche.
La suddivisione e disposizione della partitura prevede: un Coro di Voci Bianche (in 3 parti: Soprano, Soprano, Alto), cinque Cori misti di adulti, un ensemble di Ottoni (2 Corni, 3 Flicorni, 3 Trombe, 4 Tromboni, 1 Tuba bassa) e uno di Percussioni (Campane, Timpani, Gran Cassa).
   
Abbiamo voluto utilizzare strumenti connotati da un forte potere evocativo: gli Ottoni, che fin dalle origini significano eminenza, elevazione, potenza, erano usati per scandire i principali momenti della giornata o annunciare i grandi avvenimenti cosmici, religiosi, storici e militari («le armate romane conoscevano bene la terrificante alternanza del silenzio profondo e del concerto acuto delle trombe…»); le Percussioni – in particolare gli strumenti a pelle, visti come “barche spirituali” propizianti la discesa dal cielo di favori celesti – che sono associate all’emissione del suono primordiale, origine di tutte le manifestazioni, e al ritmo dell’universo.

Il numero Cinque – quanti sono qui i gruppi vocali di adulti, per l’esecuzione disposti idealmente “a terra” – è segno di unione, numero nuziale, del centro, dell’armonia e dell’equilibrio: la cifra del matrimonio del principio celeste (3) e del principio materno terrestre (2). Santa Ildegarda di Bingen (XII sec.) ha sviluppato una teoria della cifra Cinque come simbolo dell’uomo, dividendolo in cinque parti uguali ed iscrivendolo in un quadrato perfetto. Il Cinque in rapporto al Sei – aggiungendo il gruppo di Voci Bianche, per l’esecuzione disposto idealmente “più in alto” degli altri – è il microcosmo in rapporto al macrocosmo, l’uomo individuale in rapporto all’uomo universale.

Dopo lo squillo iniziale, la “chiamata”, inizia la costruzione del Tempio. Le Voci Bianche sostengono, imitandosi in un ciclo ostinato, l’incipit melodico dell’Antifona del VII modo arcaico (il testo “romano” antico, poi modernizzato nella lezione “gregoriana”). Ogni suono che le diverse e numerose voci dei Cori aggiungono e stratificano uno sull’altro vuole rappresentare una sorta di “mattone”, un elemento materiale e spirituale che, moltiplicandosi, edifica la chiesa universale di Dio. Un ritrovarsi uomini nuovi attraverso quella salita di grado fino alla somma-sommità di tutte le voci che culminano nel fortissimo, una “armonia totale”.
Come una eco risuonano con le sole voci acute le parole Ecclesiam meam… cui segue, con “colpi” rarefatti e in pianissimo delle percussioni, il sussulto profondo del riverbero della terra. Ai primi Quattro Cori – cifra quaternaria di pienezza e di universalità che rimanda al significato del quadrato e della croce – risponde il quintus di rinascimentale memoria che con una emiolia mette fine alle quaestiones, preparando l’affermativo AMEN finale, affidato alle voci dei bambini.

Scrive San Pietro nella sua prima Lettera «…Desiderate, come bambini neonati, il latte spirituale e puro, affinché vi faccia crescere per la salvezza, se avete gustato davvero quanto il Signore è buono. Avvicinatevi dunque a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e pregiata da Dio; e voi pure, come pietre vive, costruitevi in modo da formare una casa spirituale, un santo sacerdozio, per offrire dei sacrifici spirituali, graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Poiché è detto nella Scrittura: Ecco, io depongo in Sion una Pietra angolare, scelta, preziosa; colui che crede in essa, non rimarrà confuso». (I Pietro, 2, 2-6)

Che lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.